Marzo 27, 2025
Quando la creatività del marketing incontra la rivoluzione dell’intelligenza artificiale
La fine dello storytelling tradizionale e la sua evoluzione: tra caos, autenticità e nuove narrazioni.
Nel mondo del marketing digitale, lo storytelling ha vissuto una parabola quasi narrativa: prima celebrato come la formula magica per conquistare l’anima del consumatore, poi inflazionato fino alla saturazione. Oggi possiamo dirlo chiaramente: lo storytelling tradizionale è morto. Ma niente panico – non è una tragedia, è una rinascita.
Il cambiamento non riguarda l’arte di raccontare storie, ma la sua forma. Nella società iperconnessa e veloce in cui viviamo, le storie si sono adattate, frammentandosi, accorciandosi, diventando più dirette e vere. La comunicazione frammentata – dai meme alla Trap Communication – ha preso il sopravvento: è irriverente, spigolosa, ma efficace. Non si perde in introduzioni o climax. Arriva al punto, subito.
Addio narrazioni universali, benvenuti micro-pubblici
Un tempo i brand cercavano di piacere a tutti. Oggi il gioco si è ribaltato: meglio essere “tutto per qualcuno” che “niente per tutti”. L’autenticità è diventata il vero valore competitivo. Le aziende non costruiscono più storie perfette, ma esperienze vere. Il pubblico non vuole più sentir parlare: vuole riconoscersi, sentirsi parte, emozionarsi.
Chi si ostina a scrivere romanzi pubblicitari rischia il vuoto cosmico. L’attenzione è scarsa, la pazienza ancora meno. Le nuove narrazioni devono essere brevi, intense e taglienti. Il pubblico non è pigro, è selettivo. E cerca contenuti che siano come lui: imperfetti, caotici, veri.
Lo storytelling è cambiato, e la scrittura deve seguirlo
Byung-Chul Han, in La crisi della narrazione, parla di un tempo in cui le storie facevano riflettere, mentre oggi sono ridotte a intrattenimento veloce. Jonathan Gottschall, nel suo Il lato oscuro delle storie, denuncia l’uso manipolatorio delle narrazioni da parte di politica e marketing. E Pablo Trincia ci ricorda che il narratore ha il dovere della chiarezza: il pubblico non deve sforzarsi per capire. Deve poter vivere la storia. Subito.
Questa è la nuova grammatica dello storytelling. Non più estetica, ma esperienza autentica. Non più perfezione, ma verità condivisa.
La nuova frontiera: narrare per far vivere, non solo per vendere
La comunicazione non è più solo un mezzo per convincere. È diventata un mezzo per connettere esperienze reali. Le storie oggi devono essere vere prima di essere perfette. Devono toccare corde personali, non solo soddisfare metriche aziendali.
In sintesi, lo storytelling non è morto, si è evoluto. Ha cambiato pelle per sopravvivere al cinismo e alla velocità di oggi. Le storie ci sono ancora, ma parlano una lingua nuova: quella dell’autenticità, della rapidità e della connessione emotiva.
E se pensi che tutto questo abbia svuotato il senso del narrare, forse sei tu che hai smesso di sentirne il battito. Perché le storie, quelle vere, battono ancora. Solo che lo fanno a un ritmo diverso.