Marzo 27, 2025
Quando la creatività del marketing incontra la rivoluzione dell’intelligenza artificiale
Da un elefante su YouTube all’AI che racconta meglio di noi
Il Big Bang della comunicazione social: 2005
Nel 2005 tutto iniziò con un elefante.
O meglio, con Jawed Karim allo zoo di San Diego che spiegava a una videocamera quanto fossero “fighi” gli elefanti. Quel video, “Me at the zoo“, era grezzo, sfocato e probabilmente sarebbe stato cancellato da qualsiasi social media manager con un minimo di amor proprio.
Eppure fu il Big Bang: nasceva YouTube, e con esso la comunicazione 2.0.
2005-2010: l’era dei video casalinghi e dell’autenticità
In principio era il caos: video girati col Nokia, commenti imbarazzanti, montaggi inesistenti.
Per la prima volta, la narrazione passava dal basso: senza mediazioni, senza agenzie patinate a dirci cosa fosse “cool”.
I brand, inizialmente terrorizzati, provarono a infilarsi timidamente in questo mondo, spesso con risultati tragicomici.
Il messaggio? Se sembravi vero, vendevi di più.
2010-2015: nasce il fenomeno creator e la viralità
Con una GoPro e un po’ di faccia tosta diventavi famoso.
Nacquero i creator, e i brand corsero dietro ai fenomeni virali come genitori al primo giorno di saldi.
La comunicazione cambiava pelle: non più “compra ora”, ma “guarda che siamo simpatici, fidati di noi”.
2015-2020: la comunicazione si fa professionale ed esperienziale
Stop ai video amatoriali.
Via libera a produzioni cinematografiche in miniatura: colori perfetti, storytelling preciso, emozione su ordinazione.
I brand dovevano farti vivere un’esperienza, anche se stavano vendendoti una bottiglietta d’acqua da mezzo litro.
2020-2023: personal branding, influencer e il boom da lockdown
Con la pandemia, improvvisamente tutti erano comunicatori: dal panettiere al personal trainer.
Il personal branding diventava la norma.
I brand, fiutato l’affare, si affidarono sempre più agli influencer, figure capaci di vendere autenticità (o la sua illusione) meglio di qualunque spot.
2023-2025: l’irruzione dell’Intelligenza Artificiale
Ed eccoci qui.
L’AI scrive copy, crea video, fa le stories e probabilmente presto riderà anche alle nostre battute.
La comunicazione non è più solo umana: è aumentata, replicata, persino migliorata da macchine che non hanno bisogno di pause caffè.
La domanda vera non è più “come comunichiamo?”, ma “chi sta raccontando davvero la storia?”
Considerazione finale
E alla fine eccoci qui, vent’anni dopo quel primo video sfocato allo zoo, a raccontare ancora storie, solo che adesso lo facciamo in compagnia di algoritmi iperattivi e intelligenze artificiali che sanno emozionare più di certi esseri umani veri.
Ma a pensarci bene, il cuore della comunicazione non è mai cambiato: si tratta sempre di cercare uno sguardo, una voce, un’emozione vera, anche in mezzo a una giungla di bit e filtri bellezza.
La vera sfida, oggi, non è raccontare meglio: è non dimenticarsi chi stiamo raccontando.
Perché sì, possiamo anche diventare alieni techno, ma sotto sotto restiamo quei tizi un po’ impacciati che, vent’anni fa, cercavano solo di dire: “guardate quanto sono fighi gli elefanti”.